Solo due macchine, la rossa davanti alla gialla. In controluce, nella giornata di sole, la donna guarda il semaforo. Non scatta. La donna si cela dentro l’androne, ed attende. Col semaforo verde la macchina rossa gira a sinistra, la macchina gialla le saetta davanti; all’interno c’è una persona col profilo altezzoso, lo sguardo celato dietro gli occhiali. Ricordi, cocenti, il dolore attanaglia lo stomaco; un istante, il semaforo successivo scatta di nuovo. Non ci sono altre macchine e la donna esce all’aperto, respira. Il dolore, in fondo, è un amico fidato, necessario per fortificarsi. La superbia, l’indifferenza, sono una compagnia corrosiva. Accecano: quando scatta il semaforo, l’ultimo, lo sguardo ad un tratto si potrebbe perder nel nulla.